p. Claudio Ciccillo

10 Febbraio 2023

Ascolta…

Ascolta…

( שמע, Shemà )

Ascolta Israele, שמע ישראל, Shemà Israel, è l’invito di Dio al popolo d’Israele. Egli si è rivelato come voce, Parola, non come forma, immagine, il popolo come il singolo israelita è chiamato ad affinare l’orecchio e a fare scendere la parola nel cuore.

Anche l’incipit della regola di San Benedetto comincia con l’esortazione: "Ascolta figlio le parole…" il monaco è invitato ad ascoltare, a discernere e decidere a quali parole dare credito e di quali nutrirsi,

L’orecchio è l’organo dell’ascolto. Ha una conformazione uterina, perché la Parola come seme possa fecondare la vita, tessersi dentro il credente, diventando carne, cioè concretezza, vita.

In ebraico orecchio si dice אוזן, òzenn. La parola indica attraverso le lettere che la compongono che Dio ( א Aleph) nutre ( zahin) l’anima (nun) attraverso l’orecchio (òzenn). È importante mettersi in ascolto, dare spazio al silenzio. I rabbini a tal proposito ci ricordano che Dio ci ha dotato di due orecchie e una bocca sola.

Appoggiare la Parola all'orecchio, nella lettura della Scrittura e nella preghiera dei salmi, perché pronunciati lentamente possano fermarsi alla soglia dell’orecchio e fatti calare nel cuore.

Shemà in ebraico non indica solo l’ascolto ma anche l’obbedienza alla Parola, perché la Parola scende nel cuore, In ebraico cuore, לב, leb non indica solo la sede degli affetti ma soprattutto il luogo dove si prendono le decisioni, la coscienza, il sacrario di Dio, dove l’uomo rende poi azione i propri convincimenti.  

Come Salomone anche noi dobbiamo chiedere un cuore che ascolta: לב שמיעה, lev shemia’eh, un cuore che si nutra e custodisca la Parola, luogo in cui si legga la vita e si riconoscano i segni di Dio.

La preghiera è Silenzio che parla al silenzio, Voce di silenzio sottile, קול דממה דקה, Qòl demamah daqqah che feconda il cuore, e diventa carne, Parola visibile nella storia degli uomini.

 

P. Claudio eremita oblato camaldolese

4 Febbraio 2023

5 Febbraio

Voi siete sale e luce del mondo…

Il Maestro dice il senso e la missione dei suoi discepoli nel mondo, la presenza della sua comunità sulla terra che non è per sé stessa ma per il bene dell'umanità.

Essa è sale, מלח, melah, alimento che nell' AT messo sul pane veniva offerto come segno di alleanza sia con Dio, salando le offerte, sia con gli altri uomini, Il discepolo come compito ha quello di essere strumento di pace fra cielo e terra e fra gli uomini.

Il Sale mantiene i cibi, li insapora, è usato per purificare e sanare, è dato come appunto come salario per nutrire e portare avanti la vita.

Il discepolo deve sciogliersi nel mondo per rispondere ai bisogni primari dei fratelli, nel quotidiano del vivere, come ci ricorda la prima lettura, che incarna la fede nei gesti e nelle scelte che saldano il cielo con la terra, promuovendo giustizia.

Voi siete luce, מלח, òr, cioè chiamati ad essere presenti al mondo per fare compagnia, togliere paure, illuminare e dare consapevolezza, contorni alla realtà, scaldare, offrire un punto di riferimento al camminare.

Luce, מלח, òr, è il vocabolo che nei primi versetti della Genesi compare 5 volte, per indicare la Torah, la Parola.

Il discepolo è chiamato a rendere visibile, sperimentabile, toccabile la Parola, non tanto pronunciandola ma vivendola, divenendo così tempio di Dio, Presenza che sia nel privato della casa che nel pubblico della città, illumina di eterno e dirada il buio del mondo.

P.Claudio Ciccilo, eremita di Cerbaiolo, oblato camaldolese

1 Febbraio 2023

Voce di un silenzio sottile

Voce di un silenzio sottile,

קול דממה דקה, Qòl demamah daqqah ( 1 Re 19,12)

Il versetto è nel racconto del ciclo del profeta Elia, profeta dell'Assoluto di Dio, Adonai Echad. Elia come nella etimologia del nome stesso Eliyyah: colui che afferma che IHWH, è l’unico ed il solo Signore, contro l’arroganza della regina Gezabele che voleva imporre il culto a Baal e agli idoli, degli dei estranei ad Israele, vuoti e senza vita.

Elia lotta e cerca di richiamare anche con gesti forti il popolo alla vera fede, ma sente la fatica e lo scoraggiamento, il desiderio di abbandonare la sua missione. Dio lo nutre e lo accompagna verso l’Oreb/Sinai, per ridare Parola alla profezia, slancio, senso, obiettivo ai suoi passi, per tirarlo fuori dalla caverna, dall’isolamento, dalla paura, dal fallimento.

Elia ritorna alle origini, alla fonte della fede, l’Oreb, monte della rivelazione a Mosè e delle dieci parole, luogo della rivelazione di Dio. Si ferma e si raccoglie per abitarsi, ascoltare la vita, il proprio respiro, le ferite.  

Percepisce all’esterno della caverna, cioè con consapevolezza, i vari moti della sua anima.

Il vento, che spacca monti e pietre, immagine dell’azione dettata dalla forza di volontà, quella volontà di potenza che diventa aggressiva, distruttrice.

Il terremoto, che richiama quei movimenti emotivi, che continuamente agitano la vita, senza dare stabilità, possibilità di costruire, punti fermi che orientano.

Infine, il fuoco, simbolo della passionalità. Quel fuoco che brucia senza dare continuità all’azione, alle scelte, alle esperienze.

Dio non è in questi fenomeni.

Voce di un silenzio sottile, il Signore è nel respiro lieve, nel Silenzio, perché il suo Nome è Silenzio, IHWH, è solo consonanti, impronunciabile, non chiuso in un concetto, idea, catalogabile nelle forme, immagini e categorie umane.

Dio è silenzio sottile che parla al silenzio, è vita nuda che si dice senza parole, voce che nello Spirito tocca le corde dello spirito umano e diventa melodia, canto come quello degli angeli che nel silenzio di parole pregano e lodano l’Eterno.

Perché silentium Tibi laus: il silenzio è per l’Altissimo lode.

 



P. Claudio eremita oblato camaldolese

28 Gennaio 2023

29 Gennaio

Beati voi

La Parola ci invita a rientrare in noi stessi, a spogliarci dell’io, della filoautia che ci rende schiavi di noi stessi, per prendere coscienza della nostra umanità fragile ed umile, per stare davanti con verità alla nostra creaturalità, povera, ma amata e scelta da Dio per rivelare la sua potenza e presenza.

Vivendo le beatitudini, carta costituzionale del Regno di Dio, manifesto della sua Signoria resa visibile da chi vive già da ora da risorto, cioè, la vita nuova nello Spirito di Yeshua (otto beatitudini, l’ottavo giorno, quello della risurrezione del Maestro) e data come possibilità a tutta l’umanità (72 parole compongono le beatitudini come 72 era il numero dei popoli allora conosciuti).

Il Regno comincia già da ora nel mondo attraverso persone e comunità che sanno condividere, servire e vivere in verità per la felicità degli altri, senza paura.

P.Claudio Ciccilo, eremita di Cerbaiolo, oblato camaldolese

20 Gennaio 2023

22 Gennaio

 Chiamati ad essere discepoli, tutte le voci con tutta la voce, per dire la Parola: יֵשׁוּעַ (Yeshu'a)/Gesù

Dopo che il Battista fu arrestato, hanno fermato la voce, ma la Parola continua a camminare, a farsi proposta di cambiamento e del Regno.  

יֵשׁוּעַ (Yeshu'a) Gesù, vede e chiama. Non togliendo l’identità e la storia delle persone, ma cambiando il fine della loro azione che è dare vita all’umanità, trarre fuori gli uomini da situazione di morte, di buio dell’esistenza, da reti gettate o ritirate in una routine stanca e priva di passione. 

Il Maestro vede delle persone con dei nomi, coppie di fratelli, e li chiama. Il Regno si basa su una comunità fraterna, che lascia i padri per il Padre, che segue il Maestro sulle orme delle beatitudini, attraverso città e villaggi, cioè gli insediamenti umani, per farsi voce della Parola che libera e sana la vita, mostrando la presenza del Regno, ossia dell’amore di Dio, che si fa vicino e tangibile come un abbraccio.


Padre Claudio Marcello Ciccillo: 

19 Gennaio 2023

Silentium, il grembo della Parola

Il silenzio è un tema caro alla tradizione monastica e a San Benedetto che gli dedica il capitolo 6 della Regola. 

Il silenzio non è fine a sé stesso ma è orientato all’ascolto. Il discepolo è chiamato a tacere e ascoltare, le parole e gli insegnamenti del Maestro, della Sacra Scrittura e della Regola. Ascoltare le parole del Maestro vuol dire innanzitutto rottura con le altri voci, insegnamenti della mondanità, per prestare ascolto e nutrirsi della Parola, per seguirne e mettere in pratica gli insegnamenti di vita, al fine di intraprendere un cammino di conversio morum, conversione, cambiamento di vita, di punto di riferimento, di scala di valori, di interessi, di gusti, non più obbedienti agli idoli ma al Dio vero. 

Silenzio che va coltivato e custodito sia esteriormente che interiormente, dando attenzione ad esso non solo tacendo, ossia non emettendo parole ma anche nei gesti e nel corpo per non propagare rumore negli ambienti. 

Il silenzio è habitat per intraprendere un percorso di interiorizzazione ovvero conoscenza di sé, adempiendo il comando di Dio ad Abramo: Lech-Lecha ( לֶךְ-לְךָ ), va’! 

Per te, dentro te, per incontrare gli angeli ed i demoni che hanno domicilio in noi, per poi essere liberi di incontrare il volto di Dio e non le proiezioni del nostro io. 

Silenzio che è grembo della preghiera, respiro della vita interiore in cui si percepisce la voce di respiro leggero, la presenza dell’Altissimo, Silenzio avvertito come spazio necessario per l’ascolto accogliente dell’altro, senza subissarlo di parole che creano muri e bloccano le relazioni.  

Benedetto parla del silenzio usando due termini che dicono il tacere, il chiudere la bocca, l’assenza di parole, strumento utile per non cadere nel chiacchiericcio, nel giudizio, nel peccato della lingua che uccide più della spada

Silentium da silere che dice silenzio di parole, ma anche di quiete, silenzio di tutto ciò che toglie pace, che crea affanno, agitazione, e Taciturnitas, che richiama la discretio, ossia quell’attenzione intelligente, discernimento che ci fa gestare e filtrare parole e gesti perché siano nutrienti e veri a servizio della carità e della vita. 

San Benedetto parla di un silenzio del corpo ossia di consapevolezza nei gesti e negli sguardi per non inquinare di rumore e di pensieri rumorosi gli ambienti del monastero e le menti dei monaci distogliendo gli altri e sé stessi dalla preghiera continua e dalla custodia del cuore. 

La neve al Cerbaiolo ci faccia rientrare in noi, assaporando il silenzio, il tacere delle parole per dare ascolto alla Parola, all’eremo di farsi voce, di un silenzio sottile come la neve.

Silentium, il grembo della Parola
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