I monaci da sempre hanno avuto un rapporto attento, di cura con il creato. Vivono scandendo il loro tempo con l’alternarsi delle stagioni attraverso l’anno liturgico.
I tempi di Avvento/Natale e Quaresima/Pasqua simboleggiano l’attesa e la resurrezione, la semina ed il raccolto, la vita nel suo dipanarsi nel tempo. Abitano il creato come metafora del cammino spirituale, simbolo della loro ricerca di sé stessi e di Dio.
Hanno dissodato terreni, come la propria anima, per renderli fertili e capaci di vita. Hanno strappato terra a paludi ed acquitrini per piantarvi viti ed ogni genere di frutti e vegetazione, così come nel cammino spirituale hanno tolto dal cuore attraverso l’ascesi la filautia, decentrando il proprio io e aderire all’Unum Necessarium, vivendo le promesse battesimali, che sono l’ideale monastico.
Hanno coltivato e custodito boschi, selve, monti. In essi hanno edificato monasteri ed eremi, perché la prossimità con la creazione fosse un aiuto alla lode di Dio ed alla contemplazione, proteggendo il silenzio e la solitudine dei monaci. Tra essi e il creato c’è un rispetto ed una custodia vicendevole.
Il giardino dell’Eden, in cui Dio e l’uomo passeggiavano insieme, non è per i monaci un Paradiso da rimpiangere ma da costruire vivendo la consegna, data da Dio ad Adamo di coltivarlo ( עָבַד - ‘avad) e custodirlo ( שָׁמַר - shamar), per trarci sopravvivenza e mantenerlo al futuro per le nuove generazioni, dando concretezza al famoso detto dei nativi Americani che ricorda che la terra non l’abbiamo ricevuta in eredità dai padri ma in prestito dai figli, perché è di Dio.
I verbi ‘avad, coltivare/servire come atto liturgico e shamar custodire/osservare, sono accostati alla creazione come alla Sacra Scrittura, in quanto anche in essa si squaderna la gloria di Dio come nella Bibbia, il Creato porta dell’Altissimo significazione.
Per questo va coltivato, come atto di culto, per dirne la sacralità e custodito, avendone cura, attenzione, rispetto, perché è terra santa.
Antifona d'ingresso
Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell’angoscia io sarò con lui, lo libererò e lo renderò glorioso.
Lo sazierò di lunghi giorni e gli farò vedere la mia salvezza. (Sal 90,15-16)
Non si dice il Gloria.
Colletta
O Dio, nostro Padre,
con la celebrazione di questa Quaresima,
segno sacramentale della nostra conversione,
concedi a noi tuoi fedeli
di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo
e di testimoniarlo con una degna condotta di vita.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
PRIMA LETTURA (Gen 2,7-9; 3,1-7)
La creazione dei progenitori e il loro peccato.
Dal libro della Gènesi
Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.
Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.
Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male».
Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
Parola di Dio
SALMO RESPONSORIALE (Sal 50)
Rit: Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.
Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.
SECONDA LETTURA (Rm 5,12-19)
Dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato.
Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.
Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.
Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.
Parola di Dio.
Canto al Vangelo (Mt 4,4b)
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
VANGELO (Mt 4,1-11)
Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto ed è tentato.
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Parola del Signore
Preghiera dei fedeli
(Dall'Orazionale CEI 2020)
Fratelli e sorelle, abbiamo intrapreso il cammino della Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione. Chiediamo di essere docili al messaggio di salvezza per giungere pienamente trasformati alla santa Pasqua.
Preghiamo insieme e diciamo: Guidaci, Padre, con il tuo Spirito.
1. Per tutti i battezzati: sorretti dallo Spirito di fortezza, seguano Cristo nel deserto della prova per superare con la forza della fede ogni tentazione. Preghiamo.
2. Per papa N. e tutti i pastori della Chiesa: illuminati dallo Spirito di sapienza, con la parola e con la vita aiutino i fratelli a perseverare nell’adorazione dell’unico Dio. Preghiamo.
3. Per i catecumeni: sostenuti dallo Spirito di intelletto, in questi quaranta giorni si dedichino alla preghiera e alla meditazione della Parola. Preghiamo.
4. Per le nostre famiglie: guidate dallo Spirito di amore, riscoprano la dimensione domestica della fede nell’ascolto del Vangelo, nella preghiera e nell’accoglienza reciproca. Preghiamo.
5. Per noi qui riuniti in assemblea: rivestiti dello Spirito di santità, attingiamo da Cristo, vincitore del maligno, la forza per non lasciarci sedurre dagli idoli del mondo e obbedire unicamente alla Parola che salva. Preghiamo.
Colma delle tue benedizioni, Signore, questo popolo in cammino verso la Pasqua; tu che provvedi ai tuoi figli il pane quotidiano, fa’ che non si stanchino mai di cercare il Pane vivo disceso dal cielo, Gesù Cristo, tuo Figlio. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
Preghiera sulle offerte
Si rinnovi, o Signore, la nostra vita
e con il tuo aiuto si ispiri sempre più
al sacrificio che santifica l’inizio della Quaresima,
tempo favorevole per la nostra salvezza.
Per Cristo nostro Signore.
PREFAZIO
Le tentazioni del Signore
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo Signore nostro.
Astenendosi per quaranta giorni dagli alimenti terreni,
egli dedicò questo tempo quaresimale
all’osservanza del digiuno
e, vincendo tutte le insidie dell’antico tentatore,
ci insegnò a dominare le suggestioni del male,
perché, celebrando con spirito rinnovato il mistero pasquale,
possiamo giungere alla Pasqua eterna.
E noi, uniti alla moltitudine degli angeli e dei santi,
cantiamo senza fine l’inno della tua lode: Santo, ...
Antifona di comunione
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. (Mt 4,4)
Preghiera dopo la comunione
Ci hai saziati, o Signore, con il pane del cielo
che alimenta la fede,
accresce la speranza e rafforza la carità:
insegnaci ad aver fame di Cristo, pane vivo e vero,
e a nutrirci di ogni parola che esce dalla tua bocca.
Per Cristo nostro Signore.
Orazione sul popolo
Scenda, o Signore, sul tuo popolo
l’abbondanza della tua benedizione,
perché cresca la sua speranza nella prova,
sia rafforzato il suo vigore nella tentazione
e gli sia donata la salvezza eterna.
Per Cristo nostro Signore.
Con il Mercoledì delle Ceneri inizia la quaresima, il tempo che si richiama ai 40 anni di cammino del popolo d’Israele e ai 40 giorni di Yeshua nel deserto, Tempo di ascolto e di scelte.
Un cammino che si snoda, come diceva Don Tonino Bello, dalle ceneri sulla testa del Mercoledì delle Ceneri all’acqua sui piedi del Giovedì Santo. Elementi del bucato antico per togliere dalla nostra vita macchie, impurità, sozzure, che nel tempo hanno deturpato e sporcato il capolavoro di Dio che siamo noi. Il vestito battesimale griffato con la firma dell’Altissimo.
La Parola ci richiama fortemente a ritornare a Dio: שׁוּב, shûb, che in ebraico indica un invertire decisamente la direzione, non solo in senso mentale ma proprio fisicamente, rendendo scelte e azioni la volontà di conversione.
Ritornare con il cuore, שׁוּב, leb, alla nostra coscienza, l’io profondo. Per aprirci, lacerarci dall' interno alla Parola, perché possa radicarsi in noi, abitarci, divenendo luce ai nostri passi.
Tornare fra lacrime, in ebraico דמעה dim'ah, dove la prima lettera ד dalet, indica la porta attraverso la quale entriamo nella mem da cui מים maim, acqua, l’acqua primordiale della vita, che sgorga dalla sorgente, עין ain, animata dalla ח, het, respiro, che rivela la sacralità delle lacrime.
Lacrime che ammorbidiscono il cuore, lo liberano dalla sclerocardia, ritornare fra i lamenti, in ebraico קינה qinah, sentire i lamenti di una vita, uccisa dalla mediocrità, dalla mondanità, dall’apatia e dalla noia. Paralizzata dal passato e dalla paura del futuro, abortita nei sogni e nelle speranze, in una religiosità priva di passione e di cuore.
Tempo che ci è dato per ascoltare il grido di Dio che ci invita alla pace, a ricominciare, a lasciarci amare e ricreare dalla sua misericordia, in ebraico קינה , rachamim, da racham/utero, a rinascere dall'alto, da acqua e Spirito, dal grembo di Dio.
Il Maestro ci invita ad entrare in contatto con la nostra interiorità, a cercare e adorare Dio in Spirito e Verità, digiunando, ossia a vivere in sobrietà, potando tutto ciò che frena e ammala la vita.
Digiuno che non è togliere qualcosa dal piatto ma aggiungere un piatto, per condividere.
Preghiera che non è dire parole o avere uno spazio pubblico per incontrarsi con Dio, ma cercarlo nel cuore, il Maestro indica la dispensa, la parte più intima della casa, per dire che Dio è il nostro nutrimento, che alimenta il respiro della vita.
L’elemosina di solito discrimina chi dà da chi riceve, che crea superiorità, distanza, riconoscenza.
Il donare deve diventare non una azione ma uno stile di vita, che rialza e mette alla pari e che lascia liberi, il solo modo possibile per chinarsi su un fratello deve essere quello di offrirgli un appoggio per rialzarsi e riprendere in mano la propria vita, decidendo il proprio futuro.
Quaresima, quaranta giorni per abitare il deserto, in ebraico מדבר, midbar. Il luogo dove accade la Parola, e ci riporta al mondo per essere cristiani, cioè segni e presenza del Maestro, avendo in noi i suoi stessi sentimenti e sogni.
Obsculta: ascolta. In questa parola, esortazione è riassunto il cammino del monaco e del discepolo del Regno.
Compendiato il programma di vita che dà corpo alla regola di San Benedetto, il monaco cristiano è chiamato a tacere e ascoltare l’unicum necessarium, predisporre la sua vita attraverso il silentium, taciturnitas e all’ habitare secum, solitudine. A cercare davvero il Dio vero: quaerere Deum, e l’uomo, sé stesso: quaerere hominem.
Il Padre del monachesimo occidentale, nell' incipit della sua Regola sottolinea l’ascolto "piegare l’orecchio” per ascoltare attentamente ogni giorno la voce di Dio.
Piegare l’orecchio dice sforzo, fisicità. Richiama all’ascesi (ἄσκησις, askesis palestra) cioè stile di vita che permette di ordinare pensieri, azioni, sentimenti. Di conoscere in profondità sé stessi, i "demoni" che ci abitano paralizzando e ammalando la vita, impedendo ad essa di scorrere, avvelenandola, per dirla con Enzo Bianchi, con lo spirito di nientità cioè del nonsenso.
L’ascesi aiuta ad imprimere alla vita consapevolezza, responsabilità e bellezza tenendola orientata verso il fine del cammino: Dio.
Piegare l’orecchio alla voce di Dio che non è solo la Parola, la Sacra Scrittura, ma ha anche il timbro del maestro, superiore, fratello/sorella, Regola, eventi, incontri, letture.
L’obbedienza, cioè il rendere vita la voce, è nutrita dalla preghiera che ne è il respiro e ne scandisce il tempo, rendendo il monastero casa Domini et schola servitii, scuola del servizio del Signore. Luogo dove il monaco/discepolo lavorando con attenzione fedele all’ora, lege et labora, ovvero prega, studia e lavora, nutrendo e unificando spirito, mente e corpo e che diventa sempre più humus, terra fertile in cui la Parola si realizza cioè diventa vera.