Padre Claudio

Riflessioni monastiche,
pensieri ispirati e parole di fede

17 Febbraio 2023

Obsculta…

Obsculta: ascolta. In questa parola, esortazione è riassunto il cammino del monaco e del discepolo del Regno.

Compendiato il programma di vita che dà corpo alla regola di San Benedetto, il monaco cristiano è chiamato a tacere e ascoltare l’unicum necessarium, predisporre la sua vita attraverso il silentium, taciturnitas e all’ habitare secum, solitudine. A cercare davvero il Dio vero: quaerere Deum, e l’uomo, sé stesso: quaerere hominem.

Il Padre del monachesimo occidentale, nell' incipit della sua Regola sottolinea l’ascolto "piegare l’orecchio” per ascoltare attentamente ogni giorno la voce di Dio.

Piegare l’orecchio dice sforzo, fisicità. Richiama all’ascesi (ἄσκησις, askesis palestra) cioè stile di vita che permette di ordinare pensieri, azioni, sentimenti. Di conoscere in profondità sé stessi, i "demoni" che ci abitano paralizzando e ammalando la vita, impedendo ad essa di scorrere, avvelenandola, per dirla con Enzo Bianchi, con lo spirito di nientità cioè del nonsenso.

L’ascesi aiuta ad imprimere alla vita consapevolezza, responsabilità e bellezza tenendola orientata verso il fine del cammino: Dio.

Piegare l’orecchio alla voce di Dio che non è solo la Parola, la Sacra Scrittura, ma ha anche il timbro del maestro, superiore, fratello/sorella, Regola, eventi, incontri, letture.

L’obbedienza, cioè il rendere vita la voce, è nutrita dalla preghiera che ne è il respiro e ne scandisce il tempo, rendendo il monastero casa Domini et schola servitii, scuola del servizio del Signore. Luogo dove il monaco/discepolo lavorando con attenzione fedele all’ora, lege et labora, ovvero prega, studia e lavora, nutrendo e unificando spirito, mente e corpo e che diventa sempre più humus, terra fertile in cui la Parola si realizza cioè diventa vera.

 

10 Febbraio 2023

Ascolta…

Ascolta…

( שמע, Shemà )

Ascolta Israele, שמע ישראל, Shemà Israel, è l’invito di Dio al popolo d’Israele. Egli si è rivelato come voce, Parola, non come forma, immagine, il popolo come il singolo israelita è chiamato ad affinare l’orecchio e a fare scendere la parola nel cuore.

Anche l’incipit della regola di San Benedetto comincia con l’esortazione: "Ascolta figlio le parole…" il monaco è invitato ad ascoltare, a discernere e decidere a quali parole dare credito e di quali nutrirsi,

L’orecchio è l’organo dell’ascolto. Ha una conformazione uterina, perché la Parola come seme possa fecondare la vita, tessersi dentro il credente, diventando carne, cioè concretezza, vita.

In ebraico orecchio si dice אוזן, òzenn. La parola indica attraverso le lettere che la compongono che Dio ( א Aleph) nutre ( zahin) l’anima (nun) attraverso l’orecchio (òzenn). È importante mettersi in ascolto, dare spazio al silenzio. I rabbini a tal proposito ci ricordano che Dio ci ha dotato di due orecchie e una bocca sola.

Appoggiare la Parola all'orecchio, nella lettura della Scrittura e nella preghiera dei salmi, perché pronunciati lentamente possano fermarsi alla soglia dell’orecchio e fatti calare nel cuore.

Shemà in ebraico non indica solo l’ascolto ma anche l’obbedienza alla Parola, perché la Parola scende nel cuore, In ebraico cuore, לב, leb non indica solo la sede degli affetti ma soprattutto il luogo dove si prendono le decisioni, la coscienza, il sacrario di Dio, dove l’uomo rende poi azione i propri convincimenti.  

Come Salomone anche noi dobbiamo chiedere un cuore che ascolta: לב שמיעה, lev shemia’eh, un cuore che si nutra e custodisca la Parola, luogo in cui si legga la vita e si riconoscano i segni di Dio.

La preghiera è Silenzio che parla al silenzio, Voce di silenzio sottile, קול דממה דקה, Qòl demamah daqqah che feconda il cuore, e diventa carne, Parola visibile nella storia degli uomini.

 

P. Claudio eremita oblato camaldolese

1 Febbraio 2023

Voce di un silenzio sottile

Voce di un silenzio sottile,

קול דממה דקה, Qòl demamah daqqah ( 1 Re 19,12)

Il versetto è nel racconto del ciclo del profeta Elia, profeta dell'Assoluto di Dio, Adonai Echad. Elia come nella etimologia del nome stesso Eliyyah: colui che afferma che IHWH, è l’unico ed il solo Signore, contro l’arroganza della regina Gezabele che voleva imporre il culto a Baal e agli idoli, degli dei estranei ad Israele, vuoti e senza vita.

Elia lotta e cerca di richiamare anche con gesti forti il popolo alla vera fede, ma sente la fatica e lo scoraggiamento, il desiderio di abbandonare la sua missione. Dio lo nutre e lo accompagna verso l’Oreb/Sinai, per ridare Parola alla profezia, slancio, senso, obiettivo ai suoi passi, per tirarlo fuori dalla caverna, dall’isolamento, dalla paura, dal fallimento.

Elia ritorna alle origini, alla fonte della fede, l’Oreb, monte della rivelazione a Mosè e delle dieci parole, luogo della rivelazione di Dio. Si ferma e si raccoglie per abitarsi, ascoltare la vita, il proprio respiro, le ferite.  

Percepisce all’esterno della caverna, cioè con consapevolezza, i vari moti della sua anima.

Il vento, che spacca monti e pietre, immagine dell’azione dettata dalla forza di volontà, quella volontà di potenza che diventa aggressiva, distruttrice.

Il terremoto, che richiama quei movimenti emotivi, che continuamente agitano la vita, senza dare stabilità, possibilità di costruire, punti fermi che orientano.

Infine, il fuoco, simbolo della passionalità. Quel fuoco che brucia senza dare continuità all’azione, alle scelte, alle esperienze.

Dio non è in questi fenomeni.

Voce di un silenzio sottile, il Signore è nel respiro lieve, nel Silenzio, perché il suo Nome è Silenzio, IHWH, è solo consonanti, impronunciabile, non chiuso in un concetto, idea, catalogabile nelle forme, immagini e categorie umane.

Dio è silenzio sottile che parla al silenzio, è vita nuda che si dice senza parole, voce che nello Spirito tocca le corde dello spirito umano e diventa melodia, canto come quello degli angeli che nel silenzio di parole pregano e lodano l’Eterno.

Perché silentium Tibi laus: il silenzio è per l’Altissimo lode.

 



P. Claudio eremita oblato camaldolese

19 Gennaio 2023

Silentium, il grembo della Parola

Il silenzio è un tema caro alla tradizione monastica e a San Benedetto che gli dedica il capitolo 6 della Regola. 

Il silenzio non è fine a sé stesso ma è orientato all’ascolto. Il discepolo è chiamato a tacere e ascoltare, le parole e gli insegnamenti del Maestro, della Sacra Scrittura e della Regola. Ascoltare le parole del Maestro vuol dire innanzitutto rottura con le altri voci, insegnamenti della mondanità, per prestare ascolto e nutrirsi della Parola, per seguirne e mettere in pratica gli insegnamenti di vita, al fine di intraprendere un cammino di conversio morum, conversione, cambiamento di vita, di punto di riferimento, di scala di valori, di interessi, di gusti, non più obbedienti agli idoli ma al Dio vero. 

Silenzio che va coltivato e custodito sia esteriormente che interiormente, dando attenzione ad esso non solo tacendo, ossia non emettendo parole ma anche nei gesti e nel corpo per non propagare rumore negli ambienti. 

Il silenzio è habitat per intraprendere un percorso di interiorizzazione ovvero conoscenza di sé, adempiendo il comando di Dio ad Abramo: Lech-Lecha ( לֶךְ-לְךָ ), va’! 

Per te, dentro te, per incontrare gli angeli ed i demoni che hanno domicilio in noi, per poi essere liberi di incontrare il volto di Dio e non le proiezioni del nostro io. 

Silenzio che è grembo della preghiera, respiro della vita interiore in cui si percepisce la voce di respiro leggero, la presenza dell’Altissimo, Silenzio avvertito come spazio necessario per l’ascolto accogliente dell’altro, senza subissarlo di parole che creano muri e bloccano le relazioni.  

Benedetto parla del silenzio usando due termini che dicono il tacere, il chiudere la bocca, l’assenza di parole, strumento utile per non cadere nel chiacchiericcio, nel giudizio, nel peccato della lingua che uccide più della spada

Silentium da silere che dice silenzio di parole, ma anche di quiete, silenzio di tutto ciò che toglie pace, che crea affanno, agitazione, e Taciturnitas, che richiama la discretio, ossia quell’attenzione intelligente, discernimento che ci fa gestare e filtrare parole e gesti perché siano nutrienti e veri a servizio della carità e della vita. 

San Benedetto parla di un silenzio del corpo ossia di consapevolezza nei gesti e negli sguardi per non inquinare di rumore e di pensieri rumorosi gli ambienti del monastero e le menti dei monaci distogliendo gli altri e sé stessi dalla preghiera continua e dalla custodia del cuore. 

La neve al Cerbaiolo ci faccia rientrare in noi, assaporando il silenzio, il tacere delle parole per dare ascolto alla Parola, all’eremo di farsi voce, di un silenzio sottile come la neve.

17 Gennaio 2023

Il monachesimo

I monaci: contestatori del mito dell'efficienza, cercatori dell'Assoluto



Oggi la Chiesa celebra la festa liturgica di Sant’Antonio Abate, considerato Padre del monachesimo e del monachesimo anacoretico/eremitico in particolare. 

È opportuno fare una riflessione sul monachesimo e sulla sua importanza per la nostra società. Lungo i secoli è stato percepito come fuga mundi, collocato nel deserto, inteso come luogo irraggiungibile e non interessante per il potere dominante. 

I monaci non si allontanavano dall' umanità ma dalla mondanità. Da raggiungere per sé e come proposta per tutti, attraverso un cammino di unificazione, l’armonia perduta a causa del peccato. Diventare umani, divenendo armonici, riconciliati con sé stessi e con il tutto. 

Cammino che passa attraverso l’ascesi (palestra), fatica che attraverso il silenzio, la solitudine, digiuno, veglie, ecc. cerca di modellare le proprie passioni mettendole a servizio della costruzione della propria armonia

La marginalità del monaco rispetto la società, dice la distanza necessaria per creare uno spazio di dialogo che implica un cammino da fare.

Si deve capire che cosa vuole essere il monachesimo e il suo scopo. Quando si vuole definire qualcosa di solito si parte sempre dal fare, dalla operatività che rende visibile, il monachesimo ha una identità nascosta, non data dal fare, ma dalla gratuita', nel senso che non hanno attività specifiche, un ruolo funzionale nella Chiesa. 

Il monachesimo è gratuità assoluta, unicità inspiegabile, puro segno nella Chiesa e nel mondo. Il monachesimo si è focalizzato sull’unum necessarium che combacia con il fine ultimo dell’essere umano, 

Assoluto presente nell’attrarre e assente, mai totalmente arrivato. Nel cammino il monaco è chiamato a spogliarsi/denudarsi per dare spazio e sentire in maniera più forte la voce dell’Assoluto, lasciando andare tutto ciò che inquina, disturba, camuffa tale voce, e cerca un metodo cioè qualcosa che lo aiuti a rimanere in contatto con quel richiamo. 

Il monaco è un cercatore costante: e un at-tendere, un essere proteso verso l’Assoluto. 

Il monachesimo richiama alla sobrietà, Siamo pieni e ossessionati di bisogni, poco protesi ai desideri, che ci chiamano a domandarci che cosa è davvero necessario per vivere, necessità di essenzialità e leggerezza, 

Si rischia di ridurre la propria vita a delle cose. Possedere è il contrario di ringraziare, ci impedisce di essere attenti alle dimensioni che ci danno senso, che rispondono alla vita con pienezza.

Usciti dalla sindrome del fare, dell’accumulare, emerge la dimensione dell’io profondo, della vera natura, la saggezza, che richiama la dimensione dell'Oltre, dell'affidamento, dell'abbandono, della preghiera, del silenzio, della vita pura.

P. Claudio, eremita di Cerbaiolo - oblato camaldolese

5 Gennaio 2023

Sulle orme di frate Francesco

Con il 2023 siamo entrati negli anni che segnano l ottavo centenario di eventi significativi non solo per la fraternità francescana e la cristianità, ma per l intera umanità, che riconosce Francesco modello di spiritualità, uomo nuovo.
L’anno in corso segna due avvenimenti accaduti otto secoli fa. Nel 1223: il primo presepe vivente rappresentato a Greccio (RI) e l’approvazione della Regola dei frati Minori da parte di Papa Onorio III. Con il 2023 siamo entrati negli anni che segnano l ottavo centenario di eventi significativi non solo per la fraternità francescana e la cristianità, ma per l intera umanità, che riconosce Francesco modello di spiritualità, uomo nuovo.
L’anno in corso segna due avvenimenti accaduti otto secoli fa. Nel 1223: il primo presepe vivente rappresentato a Greccio (RI) e l’approvazione della Regola dei frati Minori da parte di Papa Onorio III.
L’anno prossimo, saranno ottocento anni dall’evento delle stimmate, ricevute da Francesco nel 1224 sul monte della Verna,
Nel 2025, sarà celebrato l’anniversario della composizione del Cantico delle creature, datato 1225, prima poesia in italiano volgare, ed infine nel 2026, saranno ottocento anni dalla Pasqua di Francesco avvenuta la sera del 3 ottobre 1226 alla Porziuncola di Assisi.
Saranno anni che ci metteranno a confronto con la figura del Poverello, con le sue scelte e il modello evangelico, proposta di un’altra umanità e società, basata sulla sobrietà, la fraternità universale e la custodia e cura del creato.
Un messaggio urgente e attuale per la conservazione della vita nel pianeta. Messaggio che richiama consapevolezza e responsabilità nei confronti delle generazioni future da cui abbiamo in prestito il pianeta stesso.
Quest' anno dobbiamo riflettere sul presepe, sull’umiltà di Dio, cioè sul concetto e valore dell’uomo, di che idea abbiamo dell’uomo, Riscoprire l’uomo nella sua incarnazione, nel suo essere nella storia portatore di dignità e diritti inalienabili, immagine di Dio.
Il Presepe è il contesto, fatto di geografia e storia, ciò richiama l’attenzione al creato, nei suoi diversi luoghi e al tempo storico, perché il messaggio del Natale trovi contesti reali, non solo emotivi, dove prendere domicilio.
Si ricorda poi la Regola, che è la quotidianità di comportamenti evangelici.
La Regola ci richiama ad uno stile di vita conforme e autentico rispetto al Vangelo e ai desideri più profondi dell’uomo, la Regola mette nero su bianco la vita che si abbraccia e che chiede fedeltà e lealtà, impastando parole e azioni, prima grammatica della giustizia.
Francesco ci invita, come lui, a scegliere l’umiltà di Dio, cioè ad essere fratelli semplici di ogni uomo e a manifestare, anche con le parole, il rovesciamento del cielo ed i suoi valori sulla terra, la sacralità del profano.

P. Claudio, eremita oblato camaldolese

Autore ignoto, San Francesco detta la Regola
Affresco, serie "la vita del Santo" - Santuario della Verna
Obsculta…
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