I monaci: contestatori del mito dell'efficienza, cercatori dell'Assoluto
Oggi la Chiesa celebra la festa liturgica di Sant’Antonio Abate, considerato Padre del monachesimo e del monachesimo anacoretico/eremitico in particolare.
È opportuno fare una riflessione sul monachesimo e sulla sua importanza per la nostra società. Lungo i secoli è stato percepito come fuga mundi, collocato nel deserto, inteso come luogo irraggiungibile e non interessante per il potere dominante.
I monaci non si allontanavano dall' umanità ma dalla mondanità. Da raggiungere per sé e come proposta per tutti, attraverso un cammino di unificazione, l’armonia perduta a causa del peccato. Diventare umani, divenendo armonici, riconciliati con sé stessi e con il tutto.
Cammino che passa attraverso l’ascesi (palestra), fatica che attraverso il silenzio, la solitudine, digiuno, veglie, ecc. cerca di modellare le proprie passioni mettendole a servizio della costruzione della propria armonia.
La marginalità del monaco rispetto la società, dice la distanza necessaria per creare uno spazio di dialogo che implica un cammino da fare.
Si deve capire che cosa vuole essere il monachesimo e il suo scopo. Quando si vuole definire qualcosa di solito si parte sempre dal fare, dalla operatività che rende visibile, il monachesimo ha una identità nascosta, non data dal fare, ma dalla gratuita', nel senso che non hanno attività specifiche, un ruolo funzionale nella Chiesa.
Il monachesimo è gratuità assoluta, unicità inspiegabile, puro segno nella Chiesa e nel mondo. Il monachesimo si è focalizzato sull’unum necessarium che combacia con il fine ultimo dell’essere umano,
Assoluto presente nell’attrarre e assente, mai totalmente arrivato. Nel cammino il monaco è chiamato a spogliarsi/denudarsi per dare spazio e sentire in maniera più forte la voce dell’Assoluto, lasciando andare tutto ciò che inquina, disturba, camuffa tale voce, e cerca un metodo cioè qualcosa che lo aiuti a rimanere in contatto con quel richiamo.
Il monaco è un cercatore costante: e un at-tendere, un essere proteso verso l’Assoluto.
Il monachesimo richiama alla sobrietà, Siamo pieni e ossessionati di bisogni, poco protesi ai desideri, che ci chiamano a domandarci che cosa è davvero necessario per vivere, necessità di essenzialità e leggerezza,
Si rischia di ridurre la propria vita a delle cose. Possedere è il contrario di ringraziare, ci impedisce di essere attenti alle dimensioni che ci danno senso, che rispondono alla vita con pienezza.
Usciti dalla sindrome del fare, dell’accumulare, emerge la dimensione dell’io profondo, della vera natura, la saggezza, che richiama la dimensione dell'Oltre, dell'affidamento, dell'abbandono, della preghiera, del silenzio, della vita pura.
P. Claudio, eremita di Cerbaiolo - oblato camaldolese
La Parola narra del Battesimo del Signore, Gesù si fa solidale con le fragilità ed i sogni dell’umanità, uomo fra gli uomini.
Uscito dall'acqua, prende consapevolezza della sua messianicità, cieli aperti, cioè squarciati, mai più chiusi e lo Spirito che si posa su di Lui, in segno di eterna alleanza fra Dio e l’uomo, della vita che si dona in abbondanza, dando a tutti e a ciascuno la possibilità di diventare figli nel Figlio.
Prediletti dal Padre.
La Parola narra del Battesimo del Signore, Gesù si fa solidale con le fragilità ed i sogni dell’umanità, uomo fra gli uomini.
Uscito dall'acqua, prende consapevolezza della sua messianicità, cieli aperti, cioè squarciati, mai più chiusi e lo Spirito che si posa su di Lui, in segno di eterna alleanza fra Dio e l’uomo, della vita che si dona in abbondanza, dando a tutti e a ciascuno la possibilità di diventare figli nel Figlio.
Prediletti dal Padre.
La Parola ci presenta la figura dei Magi, uomini che scrutano il cielo e la Scrittura, uomini del “cammina cammina”, che guardano in alto e sanno riconoscere la stella fra i tanti satelliti artificiali che occupano il cielo.
Uomini che portano domande e non risposte. Uomini, cercatori della verità e non esperti del sentito dire. Uomini capaci di trovare un’altra strada, smascherando le bugie di tutti gli Erodi della storia, che fingono di cercare l’uomo e la sua felicità, per ucciderne il bambino cioè futuro e sogni.
Uomini che vengono da Oriente, dove sorge la vita, dove si fa strada il nuovo, l’aurora del giorno di Dio, che illumina la terra, assolandola ad ogni passo.
Un pugno di ore per lasciare il 2022 ed entrare nel 2023. La Parola ci dona, anche quest' anno, la benedizione di Dio al popolo d’Israele che si trova nel libro dei Numeri 6, 22- 27 e ripresa da San Francesco per frate Leone.
Benedizione / berakha / בְּרָכָה / dire bene.
Lasciamo le parole vuote, quelle che umiliano e uccidono, quelle volgari e urlate, quelle violente e che tolgono dignità. Ridiamo alla parola la dignità dell'uomo, la forza creatrice che nutre e rialza e porta avanti la vita. Diventiamo benedizione, per l’anno che viene, berakha, che mostri un nuovo inizio / bereshit. Noi dobbiamo essere la novità, il cambiamento, la nascita del nuovo mondo, più umano e quindi divino.
Il buon anno inizia da una buona vita, quando tra il dire e il fare c’è di mezzo il cominciare.
Dalle scelte consapevoli e responsabili, vissute con fedeltà e lealtà nei confronti del mondo, si conferma l’alleanza / berit fra Dio è l’uomo, chiamato a coltivare e custodire la vita. Alleanza che ci impegna a portare avanti l’opera della creazione, ad essere attenti alla vita in tutte le sue forme e manifestazioni perché chiamata ad essere dal grido di Dio e dalle sue mani. Alleanza che in Gesù affratella gli uomini, e ci fa misericordia, cioè ci unisce dalle viscere.
Ripuliamo il volto degli uomini, per riportare alla luce il volto di Dio, i lineamenti dell’Eterno che fa' di ogni uomo un capolavoro. Tracciamo sul mondo la benedizione, perché sia una dolce carezza, che lasci il profumo e il segno della Shalom / שלום, cioè della pienezza di vita e di gioia, possibilità come la tenerezza a portata di mano, che rompe l’isolamento e ogni situazione che toglie respiro e ammala la vita.
Scegliamo di essere benedizione, grido che nella notte dell’anno in uscita annuncia il nuovo giorno di Dio, anno di grazia e del Signore.
Buon anno 2023 a tutti!
Dio sia con voi,
ha Shem immakhem,
שאלוהים יהיה איתכם
p. Claudio, dall’eremo di Cerbaiolo